Una recente pronuncia del Consiglio di Stato ha sancito che il proprietario di un edificio può impugnare il titolo edilizio rilasciato al proprietario del fondo finitimo, dolendosi della violazione delle distanze tra pareti finestrate di costruzioni frontistanti (ex art. 9 d.m. n. 1444/1968), solo quando la sua opera sia stata regolarmente assentita. (Consiglio di Stato, sez. IV, 04/03/2021, n. 1841 – Foro it. 2021, 6, 346).
La stessa pronuncia ha precisato anche che la distanza dei dieci metri dalle pareti finestrate di preesistenti edifici, va osservata anche quando la nuova costruzione sia fronteggiata da un balcone che aggetta da una parete in sé non frontistante.
LE PRINCIPALI PROBLEMATICHE IN CONCRETO
L’interpretazione dell’art. 9 d.m. n. 1444/1968, ha esteso il concetto di “parete finestrata”, intendendosi tali non soltanto le pareti munite di vedute ma, in generale, tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l’esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo sia di veduta o di luce (Consiglio di Stato, sez. V, 11/09/2019, n. 6136).
Per quanto concerne i criteri di calcolo, la distanza di dieci metri va calcolata con riferimento a ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano (ciò già dal Consiglio di Stato, sez. V, 16/02/1979, n. 89 e più recentemente sez. IV, 11/06/2015, n. 2861) o alle pareti principali, prescindendo altresì dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela (cfr. Cassazione civile, sez. II, 30 marzo 2001, n. 4715), indipendentemente dalla circostanza che una sola delle pareti fronteggiantesi sia finestrata e che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente, o della progettata sopraelevazione, ovvero ancora che si trovi alla medesima o a diversa altezza rispetto all’altra (v. Cassazione civile, sez. II, 3 agosto 1999, n. 8383; Consiglio di Stato, sez. IV, 5 dicembre 2005 , n. 6909 e 2 novembre 2010, n. 7731).
Inoltre è sufficiente che le finestre esistano in qualsiasi zona della parete contrapposta ad altro edificio, ancorché solo una parte di essa si trovi a distanza minore da quella prescritta: il rispetto della distanza minima è dovuto anche per i tratti di parete che sono in parte privi di finestra, indipendentemente dalla circostanza che la parete finestrata si trovi alla medesima o a diversa altezza rispetto all’altra (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 5 dicembre 2005, n. 6909; Cassazione Civile, sez. II, 20 giugno 2011, n. 13547 e 28 settembre 2007, n. 20574).
Non mancano eccezioni, quali i cd. “dehors permanenti” (stante la loro diversità dalle nuove costruzioni), per cui tali manufatti non sono assoggettati agli indicatori edificatori e alle distanze minime, per cui la distanza dalle pareti finestrate non trova applicazione proprio per effetto del rapporto di pertinenzialità, che giustifica la vicinanza e l’interrelazione tra l’attività lavorativa svolta nell’edificio principale e quella svolta nella pertinenza (e quindi eventuali rischi di natura igienico — sanitaria sono esaminati nel contesto delle soluzioni progettuali; T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II, 24/04/2020, n. 281 – Foro Amministrativo (II) 2020, 4, 848).
Altra eccezione è data dalla circostanza che le due pareti fronteggianti aderiscano in basso l’una all’altra su tutto il fronte e per tutta l’altezza corrispondente, senza interstizi o intercapedini residui (Cassazione civile, sez. II, 27/09/2022, n. 28147 – Giustizia Civile Massimario 2022, riv 665703 – 01). Fattispecie da non confondere con il diverso caso dell’altezza degli edifici, per cui nell’ambito delle distanze tra fabbricati da dover rispettare, la distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti è applicabile anche nel caso in cui una sola delle due pareti fronteggiantesi sia finestrata e indipendentemente dalla circostanza che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente, o che si trovi alla medesima altezza o ad altezza diversa rispetto all’altro (Consiglio di Stato, sez. II, 19/10/2021, n. 7029).
Infine, nei centri storici, l’inedificabilità assoluta, anche se conseguenza di eventuali vincoli di carattere paesaggistico, non esclude che nei rapporti tra privati si debba osservare la distanza tra le opere preesistenti. In particolare, i limiti imposti dall’art. 9 d.m. n. 1444/1968 trovano applicazione anche con riferimento alle nuove costruzioni, quali devono considerarsi le sopraelevazioni effettuate nei centri storici ove, vigendo il generale divieto di nuove edificazioni, è previsto solo che le distanze tra gli edifici non possano essere inferiori a quelle intercorrenti tra i preesistenti volumi edificati (Cassazione civile, sez. II, 31/08/2022, n. 25647).