L’obbligo di accatastamento deriva dalla capacità dell’unità immobiliare di produrre un reddito temporalmente rilevante e, ai fini dell’obbligo, non rileva l’eventuale amovibilità dell’impianto. Questo orientamento trova conferma in numerose pronunce della Corte di Cassazione a seguito del contenzioso tra le società elettriche e l’Agenzia del Territorio sull’inclusione delle turbine elettriche nella determinazione della rendita catastale delle centrali; sulle basi di quanto definito dall’art. 1 quinquies del D.L. 31 marzo 2005, n. 44 convertito con modificazione dalla L. 88 del 31 maggio 2005 e, non per ultima, la sentenza di Corte Costituzionale n. 162 del 20 maggio 2008 (cfr. da ultima anche Comm. trib. reg. Veneto Verona, sez. VII, 08/06/2021, n. 757).

Mentre la questione sull’obbligo di accatastamento degli impianti fotovoltaici risulta chiarita già dalla Circolare n. 36/E del 19 dicembre 2013, per cui, in ambito catastale, detti impianti si considerano, generalmente, beni immobili e vanno dichiarati in Catasto in coerenza con i criteri indicati ai paragrafi 2.1 e 2.2, della Circolare n. 36/E cit., nonché della Risoluzione n. 3/T del 2008; la problematica attuale verte piuttosto tra gli impianti fotovoltaici censibili come unità immobiliari autonome ed impianti posti su edifici o realizzati in aree di pertinenza (comuni o esclusive) di unità già censite al Catasto Fabbricati.

Rientrano quindi nella categoria delle “entità catastali autonome” quegli impianti fotovoltaici da censire autonomamente, in quanto centrali di produzione di energia elettrica. In questi casi l’impianto non serve ad alimentare le necessità energetiche di un’abitazione, ma a vendere energia e quindi generare guadagni.

Saranno censibili nella categoria “D/1 – opifici” oppure “D/10 – fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole” e di conseguenza la loro rendita verrà determinata attraverso una stima diretta, proposta dal professionista esterno, controllata ed eventualmente modificata dai tecnici catastali. Il loro valore catastale è stabilito dalla Legge 28 dicembre 2015 n. 208 (Legge di Stabilità 2016) e deriva, oltre che dalle sue dimensioni, anche dalle seguenti componenti:

– il suolo (impianti a terra), ovvero l’elemento strutturale (solaio, copertura) su cui sono ancorati i pannelli fotovoltaici (impianti realizzati su costruzioni);

– gli eventuali locali tecnici che ospitano i sistemi di controllo e trasformazione;

– le sistemazioni viarie, quali eventuali recinzioni, platee di fondazione, viabilità, etc.

Per i cd. impianti agri-voltaici (tenendo presente che, ai sensi dell’art. 1, comma 423, della Legge 23 dicembre 2005, n. 266 e s.m.i., la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili fotovoltaiche effettuate dagli imprenditori agricoli, si considera attività connessa ai sensi dell’articolo 2135 c.c. e produttive di reddito agrario), la Circolare n. 32/E del 6 luglio 2009, ha introdotto specifici criteri al fine di concretizzare un significativo rapporto con l’attività agricola stessa, recependo i requisiti indicati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Per poter qualificare la produzione di energia come produttiva di reddito agrario, tale produzione necessita di un collegamento con l’attività agricola tipica, caratterizzata dalla presenza di un’azienda con terreni coltivati dallo stesso imprenditore, precisamente la presenza:

-di terreni e fabbricati che congiuntamente siano correlati alla produzione agricola ovvero sulla base di quanto stabilito dall’art. 9, comma 3, lettera c) del Decreto Legge 30 dicembre 1993, n. 5574, il fondo deve avere superficie non inferiore a 10.000 metri quadrati (fatta eccezione per alcune fattispecie, in relazione alle quali tale limite è ridotto a 3.000 metri quadrati), fermo restando che le particelle interessate devono essere iscritte al catasto terreni con attribuzione di reddito agrario; 

-di uno dei requisiti oggettivi richiamati ai punti 1 e 2 del paragrafo 4 della Circolare n. 32/E del 2009 relativi alla quantità di energia prodotta.

Agli immobili ospitanti le installazioni fotovoltaiche, censiti autonomamente e strumentali alle attività agricole, è attribuita la categoria D/10 “fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole”, introdotta con Decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 139, con rendita definita secondo le consuete disposizioni di prassi.

Per tutti gli impianti posti su edifici già censiti (o pertinenza dei medesimi), la soluzione è nella Circolare n. 27/E del 13 giugno 2016 (ad eccezione della la particolare fattispecie dei cd. “impianti imbullonati”, chiarita nella Circolare n. 2/E del 1° febbraio 2016 -che si pone in difformità rispetto a quanto affermato nella precedente Nota n. 31892 del 22 giugno 2012-, precisando che tra gli elementi da escludere dalla stima rientrano, ad esempio, gli inverter e i pannelli fotovoltaici, ad eccezione di quelli integrati nella struttura e costituenti copertura o pareti di costruzioni, che non possono essere smontati senza rendere inutilizzabile la copertura o la parete cui sono connessi).

Secondo la citata Circolare 27/E, nel caso di istallazioni fotovoltaiche su unità già censite al Catasto Fabbricati, non sussiste alcun obbligo di dichiarazione al catasto, né come unità immobiliare autonoma, né come variazione della stessa qualora sia soddisfatto almeno uno dei seguenti requisiti:

– la potenza nominale dell’impianto fotovoltaico istallato non è superiore a 3 chilowatt per ogni unità immobiliare servita dall’impianto stesso.

Pn (kW) ≤ 3 kw/U

Con Pn = potenza nominale (kW)

U = numero di unità immobiliari servite dall’impianto

– la potenza nominale complessiva, espressa in chilowatt, non è superiore a tre volte il numero delle unità immobiliari le cui parti comuni sono servite dall’impianto, indipendentemente dalla circostanza che sia installato al suolo oppure sia architettonicamente o parzialmente integrato ad immobili già censiti al catasto edilizio urbano.

Pn (kW) ≤ 3 kw × U

Con Pn = potenza nominale (kW)

U = numero di unità immobiliari servite dall’impianto (direttamente o solo per le parti comuni).

– per le installazioni ubicate al suolo, il volume individuato dall’intera area destinata all’intervento (comprensiva, quindi, degli spazi liberi che dividono i pannelli fotovoltaici) e dall’altezza relativa all’asse orizzontale mediano dei pannelli stessi, è inferiore a 150 m3, equiparate a tettoie in coerenza con il limite volumetrico stabilito dall’art. 3, comma 3, lettera e) del decreto ministeriale 2 gennaio 1998, n. 28.

V (m3) ≤ 150 m3

Inoltre, le istallazioni fotovoltaiche architettonicamente integrate o parzialmente integrate (definite all’art. 2 del Decreto dello Sviluppo economico del 19 febbraio 2007) e quelle realizzate su aree di pertinenza, comuni o esclusive, di fabbricati o unità immobiliari censiti al catasto edilizio, non risentono dell’obbligo di accatastamento come unità immobiliari autonome, in quanto possono assimilarsi agli impianti di pertinenza degli immobili.

In ogni caso va tenuto presente che, allorquando l’impianto fotovoltaico incrementa il valore capitale (o la relativa redditività ordinaria) di una percentuale pari al 15% o superiore dell’immobile già censito di cui è pertinenza, in accordo alla prassi estimativa adottata dall’amministrazione catastale, è necessario rivedere il classamento e la rendita dell’unità immobiliare principale.

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